Per correttezza, questa scheda dovrebbe riferirsi al cosiddetto Grechetto Gentile. Per mancanza di fonti storiche attendibili, userò il termine con cui questo vitigno è conosciuto in Emilia-Romagna
Origine e Storia
Il Grechetto Gentile, conosciuto anche come Pignoletto, è uno dei vitigni rappresentativi della DOC dei Colli Bolognesi. La storia di questo vitigno presenta numerose zone d’ombra e contraddizioni che meritano un’analisi approfondita.
Nonostante le narrative commerciali diffuse, le ricerche documentali mostrano l’assenza di riferimenti storici chiari al Pignoletto nei testi antichi. Il presunto riferimento nel “Naturalis Historia” di Plinio a un vino “Pinum Laetum” non trova riscontro nelle edizioni consultabili dell’opera. Similmente, negli scritti di Pier De Crescenzi (1300) non si trovano menzioni né del Grechetto né di varianti del termine Pignoletto, ma solo accenni a un “Pignolo di Milano” a bacca rossa.
La bibliografia storica è ricca di riferimenti a uve “greche”, come nel testo del Trinci (Settecento) dove viene citato un “Grechetto OSSIA Malvasia” (definito precisamente “Malvasia bianca o sia grechetto”). Questo collegamento alle Malvasie di origine greca non chiarisce però l’identità del nostro Grechetto Gentile.
Le menzioni di “uve Pignole” nei testi antichi riguardano principalmente varietà di uva a bacca nera diffuse in Lombardia e altre regioni del Nord Italia. Come riportato da Tanara nel 1644, le uve Pignole venivano considerate non adatte alla vinificazione, ma destinate al consumo come uva da tavola: “Pessimo vino e non serbevole esciva dalle uve lupine […] Fra le uve mangereccie preferivansi la lugliatica la tremasina la pignola la pergolese la chiocca.”
Le prime descrizioni di un Pignoletto che potrebbe avvicinarsi all’attuale vitigno risalgono solo al 1879, relative a una coltivazione di Forlì, dove vengono citate due uve a bacca bianca: un Pignolo e un Pignoletto detto anche Pignolino. Notevole è che ancora nel 1912, un articolo degli Annali della Società Agraria di Bologna a firma del Prof. Luigi Zerbini classificava il Pignoletto come vitigno a bacca nera.
È plausibile che l’attuale Grechetto Gentile abbia invece legami con la Rebola Riminese, vitigno citato storicamente già dal XIV secolo in un documento che racconta della vita di Cola di Rienzo, tribuno romano che “temperava la malvasia con la rebola”. Studi recenti suggeriscono che la Rebola Riminese sia geneticamente un sinonimo di Grechetto di Todi, indicando un’origine delle attuali varietà di “grechetto” nella selezione di uve di origine greca coltivate in Romagna tra Forlì e Rimini.
Caratteristiche e Diffusione
Dal documento emerge che il Grechetto Gentile/Pignoletto ha mostrato storicamente una buona resistenza alla peronospora, caratteristica documentata già nel 1890: “Le varietà di viti che quest’anno sono apparse più resistenti all’infezione sono: l’Uva d’oro dell’agro ravennate, il Negrettino, la Rossola, il Trebbiano, il Pignoletto, il Cabernet e il Canaiolo”1.
Il vitigno è oggi principalmente coltivato nella zona dei Colli Bolognesi, dove rappresenta il vitigno principale della DOC, sebbene sia presente anche in altre aree dell’Emilia-Romagna.
Profilo Enologico
Da vinificatori locali del bolognese emerge che il vitigno attuale, pur essendo utilizzato per la produzione di vini frizzanti nella DOC Colli Bolognesi, sarebbe “adatto a lunghi invecchiamenti ma caratterizzato da note amarognole difficili da attenuare”.
Considerazioni Conclusive
Come suggerito nel documento, l’attuale Grechetto Gentile/Pignoletto potrebbe essere il risultato di una selezione relativamente recente di varietà probabilmente riconducibili alla famiglia delle Malvasie o delle uve di origine greca diffuse in Romagna. La sua inclusione come vitigno principale nella DOC dei Colli Bolognesi rappresenta una scelta che privilegia una varietà di origine non chiaramente documentata nel territorio, a discapito di altre varietà locali storicamente meglio attestate.
Sarebbe auspicabile, per chiarire definitivamente l’origine e l’identità di questo vitigno, condurre analisi genetiche approfondite e consultare esperti di archeobotanica per far luce su una storia che, allo stato attuale delle ricerche documentali, appare ancora frammentaria e in parte contraddittoria.
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- Relazione sull’operato della Commissione ampelografica provinciale di Forlì”, 1889 ↩︎