L’uva Grilla, chiamata (forse) anche Grillona o più tardi Grillone, è un’antica varietà dell’Italia settentrionale, documentata già nel Trecento. La troviamo menzionata nei testi agronomici medievali, nei lessici romagnoli, nelle scene della commedia dell’arte e nei registri ampelografici otto-novecenteschi. Il suo nome ha attraversato secoli e dialetti, assumendo forme diverse ma conservando un’identità comune: un’uva rossa dolce, fruttifera e rustica, un tempo molto presente nei colli bolognesi, modenesi e romagnoli.
“Che fà de stà vua grillona,
Sentì come le buona!”1
Citazione tratta dall’opera teatrale pastorale “Ismenia” di Giovan Battista Andreini (1639). La battuta è pronunciata in un contesto di festa rustica, nel quale l’uva grillona è lodata accanto a meloni, fichi, pere e vino marzemino. Il termine grillona è qui usato come nome comune di una varietà d’uva nota e apprezzata nel Seicento, probabilmente forma aumentativa della grilla.
Questa è la prima attestazione esplicita del termine “grillona” in una fonte letteraria secentesca. Non si tratta di un’invenzione, ma di un uso popolare già stabilizzato. È importante notare che il personaggio associa l’uva grillona a qualità gustative positive, in linea con la tradizione contadina di uva da mensa.
“Grilla, et Sisaga sive Mardegana. T. Germ. Mardegna.”2
Citazione dal Glossario Latino-Italiano di Tommaso-Bellini, 1861. In questo passo la Grilla è menzionata assieme a Sisaga (altro nome della zisiga) e Mardegana. È un esempio di registrazione filologica di varianti del nome, confermando che già nei lessici si percepiva l’affinità tra questi termini.
Il nome “Grilla” appare spesso in associazione con “Zisiga” e “Rubiola” in fonti che coprono oltre cinque secoli di storia. L’accostamento con “Mardegana” in forma germanica suggerisce una circolazione terminologica anche in ambito alpino o padano orientale.
“Grilla, Rubiola, Zeppolina imperiale, Raperuasta, Grilla, Orzese, Portina, Berga…”3
Dal Vocabolario Piacentino-Italiano di Lorenzo Foresti (1836). In questo dizionario, Foresti elenca una lunga serie di varietà d’uva note nella provincia di Piacenza, tra cui figura anche “Grilla”. Non viene indicata come sinonimo, ma come nome a sé, accanto a Rubiola e Zeppolina.
Il fatto che Grilla e Rubiola siano elencate separatamente suggerisce che in ambito popolare potessero essere percepite come simili ma non identiche, oppure come varietà diverse di uno stesso ceppo. La loro vicinanza a vitigni da tavola o uve tardive conferma l’uso a consumo diretto.
“…uva verdiga, uva nibiola, e lividella, uva rubiola, e moscadella…”4
Citazione da Campolongon (1793), riportata da Rossitti nel volume Viti Friulane (1863). Rubiola è inclusa in un elenco di uve note in Friuli a fine XVIII secolo. Il contesto è quello della catalogazione colturale e dei nomi popolari usati nelle diverse aree.
La presenza della Rubiola anche in Friuli nel tardo Settecento indica una diffusione del nome in aree non limitate all’Emilia. Potrebbe trattarsi dello stesso vitigno, migrato o naturalizzato, oppure di un altro affine per caratteristiche.
“Grillone 2”, nome dato a un accessione conservata nel campo di collezione ampelografica di Tebano (Faenza), è risultato geneticamente corrispondente al vitigno noto come Besgano Nero.5
Risultato emerso dal volume Le vecchie varietà locali di vite pubblicato dalla Regione Emilia-Romagna nel 2022, a seguito di analisi genetiche su materiale ex-situ raccolto nel 1970 a Voltana e Santerno (RA). Le accessioni denominate “Grillone 2” e “Burghisana” sono risultate identiche al Besgano nero.
Questo dato collega direttamente il nome “Grillone” a una varietà reale e tracciata, ancora conservata fino agli anni Duemila. Non si tratta quindi di un sinonimo generico, ma di un’identità agronomica precisa, riconducibile all’antica Grilla attraverso fonti e continuità morfologiche.
Citata nel 1859 dal Vocabolario Romagnolo-Italiano6 con l’equivalente dialettale di Grèla ha sinonimo secondo questa fonte di Rinaldesca. E’ “specie d’uva rossa molto dolce. Si fa anche riferimento al Glossario Latino Emiliano di Pietro Sella, 19377.
Buone (uve) son Grilla e Zisiga, le quali in altro nome sono dette magrigrana, o rubiola8.
Pier De Crescenzi descrive l’uva Grilla abbastanza bene, confrontandola con una simile, la Zisiga.
“L’uva GRILLA e la zisiga, le quali in altro nome sono dette margigrana o rubiola, le quali son quasi d’una condizione, e son poco nere, fruttivole molto ogni anno: e hanno granelli lunghi, e la corteccia loro sottile, e fanno vin bello, dilettevole, e assai conservevole: ma i loro granelli crepano per troppa piova: e ne’ monti ben provengono e ne’ campi piani, e hanno differenza: imperocché la zisiga fa più nobil vino e meno, imperocché fa pochi grappoli e rari, ma fa molti e piccoli granelli; ma la GRILLA fa l’opposito di tutte queste. E questa spezie è trovata a Bologna abbondovolmente, e in molti altri luoghi.9“
… “Grilla, et Sisaga sive Mardegana. T. Germ. Mardegna.”10…
La zisiga produce un vino più nobile ma in quantità minori, perché ha pochi grappoli che sono rari ma con molti piccoli granelli. La Grilla, invece, è l’opposto della zisiga, quindi si può dedurre che produce più grappoli e di dimensioni maggiori.
Nel XV secolo l’uva Grilla è trovata abbondantemente a Bologna e in molti altri luoghi.
Grilla, è uva buona, fa vino gagliardo e saporito, che assai può inacquarsi. Il grappolo non è molto grande, e le grana sono rotonde, anzi picciole che no. Non ha troppo colore e facilmente si sgrana; il guscio è alquanto tenero11.
Pomoria e grilla bianca: prezzi offerti ed accettati dai detentori da L. 12 a 15 il quintale per l’uva bianca e L. 18 l’uva nera. Nei comuni di Cento, Pieve di Cento e Poggio Renatico la qualità delle uve è stata mediocre causa la mancanza d’acqua ed in alcune località in causa della peronospora, che sebbene leggera, ha impedito all’uva di giungere alla perfetta maturazione.
(Il Coltivatore, Giornale di Agricoltura Pratica, 6 ottobre 1890)12
Questa è una delle pochissime attestazioni ottocentesche che documentano la Grilla bianca come uva effettivamente venduta e valutata nei mercati locali. La menzione della zona di Cento, in provincia di Ferrara, la colloca in piena area padana. Il prezzo, superiore ad altre uve bianche, ne testimonia una certa stima da parte dei produttori locali.
- G. B. Andreini – Ismenia, opera reale e pastorale, Venezia, 1639 ↩︎
- Tommasèo-Bellini – Dizionario della Lingua Italiana, 1861 ↩︎ ↩︎
- L. Foresti – Vocabolario Piacentino-Italiano, 1836 ↩︎
- Campolongon, citato in Rossitti – Viti Friulane, 1863 ↩︎
- Regione Emilia-Romagna – Le vecchie varietà locali di vite, 2022 ↩︎
- L. Ercolani – Vocabolario Romagnolo-Italiano, Ravenna, Monte di Ravenna, 1960 ↩︎
- P. Sella – Glossario Latino Emiliano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1937 ↩︎
- Dizionario della Lingua Italiana, Tommaseo-Bellini, 1861 ↩︎
- De Crescenzi, Piero. Opus Ruralium Commodorum. Composto tra il 1304 e il 1309, pubblicato per la prima volta a Strasburgo nel 1471. ↩︎
- De Crescenzi, Piero. Opus Ruralium Commodorum. Composto tra il 1304 e il 1309, pubblicato per la prima volta a Strasburgo nel 1471. ↩︎
- Maini, Luigi – L’Indicatore Modenese n. 11 “Catalogo alfabetico di quasi tutte le uve o viti conosciute e coltivate nelle provincie di Modena e Reggio secondo i loro nomi volgari con altre osservazioni relative” – 1851 ↩︎
- Il Coltivatore – Giornale di agricoltura pratica, “Rivista commerciale”, 6 ottobre 1890, pp. 542–544 ↩︎