Ho parlato con alcuni produttori di Carpi che testimoniano la presenza di questo lambrusco meno conosciuto. A detta di uno di loro, il nonno si raccomandava sempre di mettere un po’ di Oliva quando preparava il Lambrusco di Sorbara. Interessante vedere anche menzione di Ramazzini di diversi lambruschi Oliva, riferiti alla forma dell’acino, anche su Salamino Oliva e Sorbara Oliva ecc. Coltivato anche a Mirandola, dalle analisi del mosto di fine Ottocento risultava decisamente meno carico di glucosio (17 contro 21-22). Ramazzini lo chiama anche Lambrusco di Sobara Ovoide.


Passammo poscia a visitare un vigneto di ragione dell’ingegnere G. Barbieri, posto nella villa di Cividale, costituito coi vitigni Uva d’oro e Lambrusco oliva. Constatammo anche qui gli stessi fatti: soltanto i danni ci apparvero sensibilmente più gravi inquesta località1.
Olivina, nera, ha la forma dell’oliva: ha i grappoletti alquanto lunghetti, ma i grani picciolini, alquanto meno di quelli della Malvasia gentile: ben matura ella è delicata: il di lei vino, delicato; e li suoi innesti vengono di Sorbara, e la chiamano Lambrusca olivina2.
Antico vitigno locale la cui diffusione pare sia rimasta circoscritta al Modenese e al Reggiano. L’acino ovale non deve portare a confonderlo con il Lambrusco di Fiorano dal quale si differenzia chiaramente anche per il profilo molecolare (tabella profili genetici)3.
Sinonimi accertati: Lambrusco mazzone, Olivone (nel Mantovano)
Sinonimie errate: Lambrusco grosso oliva (= Lambrusco di Fiorano)
Rischio di erosione: medio4
Non mancano i riferimenti storici in merito all’esistenza di un Lambrusco oliva con propria identità perlomeno dalla seconda metà del XIX secolo. Pur rivestendo solo importanza locale, veniva spesso allevato insieme ad altri più noti Lambruschi per l’ottenimento di un prodotto tradizionale e tipico. Secondo i dati del Censimento dell’Agricoltura del 2010, in Emilia-Romagna, erano in essere circa 98 ettari di vigneto a Lambrusco oliva, collocati per lo più nella pianura modenese e reggiana, che a fine 2021 erano saliti a circa 205 ettari (dati RER).
A metà Ottocento, il Maini cita un’Olivina nera, che “ha la forma dell’oliva: ha i grappoletti alquanto lunghetti, ma i grani picciolini, alquanto meno di quelli della Malvasia gentile: ben matura ella è delicata: il di lei vino, delicato; e li suoi innesti vengono di Sorbara, e la chiamano Lambrusca olivina” (Maini, 1851). Da queste poche righe si fatica a capire se si tratta del Lambrusco oliva giunto sino a noi, d’altra parte l’acino ovale lo ritroviamo in pochissimi lambruschi e solo nel Lambrusco oliva è piccolo, mentre nel Lambrusco di Fiorano è di dimensioni maggiori. Pochi anni dopo, Aggazzotti descrive in modo più preciso e dettagliato una Lambrusca di Sorbara oliva, confermando la diffusione di un lambrusco ad acino oliva nell’area di Sorbara e distinguendola dal Lambruscone, ovvero Lambrusco oliva grosso. Il ritratto si attaglia piuttosto bene al nostro Lambrusco oliva: “Grappolo piccolo, corto ma largo: picciuoli ben marcati, rossicci. Acino piuttosto grosso, oblungo, ovoide. Buccia di media resistenza, rosso-cupo, polverosa e colla materia colorante immediatamente riposta all’intorno della buccia stessa. Sugo piuttosto abbondante, grato, salace: la prima lagrima è incolora: fornita di tannino e profumato alla
viola. Uva di merito distinto: vinifera tra le prime nella provincia modenese, ma non molto produttiva…” (Aggazzotti, 1867). Il “Contributo all’ampelografia modenese” del Malavasi cita per la prima volta un vitigno denominato Lambrusco oliva tout court, la cui descrizione collima con l’attuale varietà e che viene definito un “Vitigno frequente, pregiato da vino, sebbene fra i lambruschi rappresenti una varietà inferiore. Abbastanza ferace, matura in settembre” (Malavasi, 1879). Nel 1886 il professor Enrico
Ramazzini elencava una trentina di vitigni coltivati attorno a Modena, fra cui il “Lambrusco gentile oliva”. Poco dopo venne compilata la “Carta agronomica della provincia di Reggio Emilia” ove si ricordavano fra i vitigni piùrappresentativi: Lambrusche, Lanzellotte, Berzemine, Sangiovesi, Selvatiche e, nella bassa pianura, il Lambrusco detto Mazzone o Lambrusco oliva (Pizzi, 1892). Marzotto (1925) riferisce che il Lambrusco grosso oliva (diverso dal Lambrusco oliva) era coltivato in provincia di Modena, mentre sul territorio di Reggio Emilia era presente il Lambrusco Mazzone (detto anche “oliva”). Secondo Franchino (1939), il Lambrusco oliva o Mazzone era diffuso nelle zone di Rio Saliceto, Fabbrico e Correggio in provincia di Reggio Emilia e, negli anni ’60, Grego (1968), riferisce del Lambrusco oliva come vitigno minore nella viticoltura reggiana. Il professor Cosmo e collaboratori (Cosmo e Polsinelli, 1958; Cosmo et al., 1962) hanno individuato e descritto diversi “Lambruschi emiliani”, tra cui il Lambrusco Oliva (o L. Mazzone nel reggiano o Olivone nel mantovano). L’iscrizione del Lambrusco oliva al Registro Nazionale delle Varietà di Vite risale al 2002 (Gozzi et al., 2002)5.
Caratteristiche del vitigno
Foglia. Media o anche medio-piccola, cuneiforme, tri o più spesso pentalobata, anche se i seni laterali sono poco profondi e quelli inferiori talora solo appena accennati. Seno peziolare piuttosto aperto, con base a V o, talora, a parentesi graffa. Denti poco pronunciati, con lati convessi. Lembo tendenzialmente piano, pagina superiore con bollosità da media ad elevata. Pagina inferiore piuttosto tomentosa: peli coricati tra le nervature con densità da elevata a media e peli eretti sulle nervature con densità media.
Grappolo. Conico, corto, con 3-4 ali, da medio a spargolo. Acino ellissoide largo, con buccia blu-nero, piuttosto pruinosa e molto colorata negli strati più vicini alla polpa, che però non è colorata.
Caratteri agronomici ed enologici
Vitigno vigoroso, con portamento a ricadere e produzione non regolare a causa del verificarsi, con una certa frequenza, della “filatura dei grappoli”. A questo si associa anche una predisposizione, fino alla fioritura, alla rottura dei germogli. Risulta sensibile a peronospora, anche nella forma larvata, e oidio, mentre è abbastanza tollerante ai marciumi del grappolo.
Dal Lambrusco oliva si ottiene un mosto poco feccioso, abbastanza colorato e di buona qualità, ma occorre controllare i tempi di macerazione sulle bucce, per evitare un eccessivo rilascio di composti fenolici, responsabili del sapore amaro del vino. Si impiega per lo più in uvaggio, per conferire struttura al vino, ma è anche adatto per filtrati dolci, visto l’aroma fruttato delle uve6.
Grappolo: piccolo, corto ma largo; picciuoli ben marcati, rossicci.
Acino: piuttosto grosso, oblungo, ovoide.
Buccia: di media resistenza, rosso-cupo, polverosa e con la materia colorante immediatamente riposta all’interno della buccia stessa.
Sugo: piuttosto abbondante, grato, salace; la prima lacrima è incolora, fornita di tannino e profumata alla viola.
Uva di merito distinto: vinifera tra le prime nella provincia modenese, ma non molto produttiva. Da sola produce eccellente lambrusco, con odore di viola specialmente nella successiva estate. Questo aroma diminuisce con gli anni, convertendosi in un grato odore di etere enantico. Più sapido e colorato della varietà n. 1 a grani rotondi, ma anche meno leggero, contenendo da 11 a 12% di alcool, a seconda delle annate e della maturazione. Condivide le stesse vicende dei Lambruschi modenesi, come già detto al n. 1 (Lambrusco di Sorbara).
La vite ama i terreni sciolti e sabbiosi, silicei, specialmente alluvionali; ma attecchisce e prospera anche in tutti i terreni vitiferi, ed è assai meno schizzinosa della varietà di cui al n. 1, che si ottiene perfetta solo in poche privilegiate località tra la Secchia e il Panaro7.
Lambrusco Gentile Oliva
Lambrusco Gentile Oliva, Passo
- G. Cuboni, G. Cugini, Bollettino della Società generale dei viticoltori italiani, 1891 ↩︎
- Maini, Luigi – L’Indicatore Modenese n. 14 “Catalogo alfabetico di quasi tutte le uve o viti conosciute e coltivate nelle provincie di Modena e Reggio secondo i loro nomi volgari con altre osservazioni relative” – 1851 ↩︎
- Fontana, Marisa; Pastore, Chiara; Perri, Francesco; Filippetti, Ilaria – Le vecchie varietà locali di vite – 2022 ↩︎
- Fontana, Marisa; Pastore, Chiara; Perri, Francesco; Filippetti, Ilaria – Le vecchie varietà locali di vite – 2022 ↩︎
- Fontana, Marisa; Pastore, Chiara; Perri, Francesco; Filippetti, Ilaria – Le vecchie varietà locali di vite – 2022 ↩︎
- Fontana, Marisa; Pastore, Chiara; Perri, Francesco; Filippetti, Ilaria – Le vecchie varietà locali di vite – 2022 ↩︎
- Agazzotti, 1867 ↩︎