Uva Balzamino

Vitigno che negli anni ‘60 del secolo scorso aveva una limitata diffusione nel Lughese e Faentino (provincia di Ravenna). Occorre prestare attenzione, poiché il nome Balzamino potrebbe portare a confondere questa accessione con il Marzemino, che in Romagna presenta diverse denominazioni locali assonanti (Barzamè, Balsamè, Balsamina, Berzemino), ma morfologia e fenologia differenti.

Sinonimi accertati: Belzamino, Cenerente
Sinonimie errate: Marzemino
Denominazioni dialettali locali:
Rischio di erosione: molto elevato

Per quanto noto, si tratta di una varietà non più coltivata sul territorio dell’Emilia-Romagna, di cui esistono pochi esemplari conservati ex-situ presso il Polo vitivinicolo di Tebano ed il cui profilo molecolare è riportato alla tabella profili genetici. Studi recenti (D’Onofrio et al., 2021) hanno fatto emergere la sinonimia con Cenerente, un vitigno coltivato in tempi remoti nel Vicentino e nelle limitrofe province di Treviso e Verona (Soave e Roncà).
In quest’ultimo areale veniva chiamata anche Molinara Farinente (Soave) e Farinente o Zenerente (a Roncà). Secondo alcuni autori queste denominazioni sarebbero da mettere in relazione con la forte presenza di pruina sulla buccia, che fa apparire gli acini come ricoperti di cenere o farina (Dalmasso et al., 1939; Costacurta e Cancellier, 1999). La valutazione dei caratteri morfologici rilevati sull’accessione in collezione a Tebano, a confronto con quelli reperiti in bibliografia (Costacurta e Cancellier, 1999), evidenzia diversi punti di contatto, tra cui la particolare pruinosità degli acini. Non è da escludere che il vitigno sia stato introdotto nel Lughese dal Veneto pensando si trattasse di Marzemino, da cui il nome Balzamino.

Acerbi nel 1825 aveva descritto, tra le viti della provincia di Cremona, un Balzemino: “Fusto di molta cacciata, robusto, tenace. Sermenti con poco midollo, lunghi, duri, tenaci. Viticci corti, frequenti, tenaci, trifidi. Foglie 5-lobe, col margine dentellato inegualmente, colla superficie superiore piana, e l’inferiore alquanto villosa; verdi in estate, e rosse in autunno; con peziolo lungo, grosso e rossiccio. Frutto rotondo, nero, pruinoso, piccolo, raro; con peduncoli grossi, lunghi e rossi. Fiocine liscio, duro, tenace. Acini succosi, dolci, con succo sanguigno. Grappolo solitario, col peduncolo comune rosso e tenace. Semi per lo più 3, piccoli, bruni. Vite feconda, tardiva, mangereccia, e dà vino, che riesce di un rosso carico, di sapor forte e spiritoso. Ama salire sugli alberi, e di essere coltivata a pergolato. Viene danneggiata dagli uccelli” (Acerbi, 1999), ma questa descrizione non consente di fare chiarezza tra i vitigni a bacca nera con denominazioni simili e talora riconducibili a Marzemino.
Successivamente il Conte di Rovasenda, citando questo vitigno, ravvisava una certa confusione intorno a tipologie di uve nere con denominazioni differenti, ma probabilmente molto simili, che egli riteneva potessero essere riunite sotto la denominazione unica di Marzemino: “Dalle tante varianti degli stessi nomi, che ingenerano confusione, risulta chiaramente la necessità di scriverli correttamente e sceglierne uno come principale. Io proporrei Marzemino” (Rovasenda, 1877).
Nel fascicolo X del Bullettino Ampelografico (1879) si legge che il conte Giuseppe Pasolini di Ravenna e il viticultore signor Girri di Lugo inviavano alla mostra di Forlì “Belzamino o Marzamino”, che fu trovato identico al Marzamino di Rimini e alla Balsamina di Forlì e d’Ancona. Questo a conferma di quanto detto in precedenza: il termine Belzamino, in quel caso, probabilmente era stato attribuito ad un biotipo di Marzemino, anche se non si può escludere che si trattasse di un vitigno differente. Infatti nel Ravennate esisteva un vitigno simile al Marzemino, ma distinguibile per alcuni tratti da questo, che fu descritto in una tesi di laurea dell’Università di Bologna (Contributo allo studio dei vitigni romagnoli minori, di Bruno Cristofori, 1966-67) e successivamente prelevato e conservato ex situ a Tebano di Faenza. In una tesi successiva, che fa riferimento a questa, si legge: “Vitigno con buona vigoria, molto produttivo e costante”. Inoltre, sempre nel medesimo testo, il Balzamino viene classificato tra le varietà consigliabili, che possono essere coltivate senza riserve, poiché in possesso di buone caratteristiche qualitative ed agronomiche (Albonetti, 1982). Viene indicato anche da Silvestroni et al. (1986) tra i vitigni locali dell’Emilia-Romagna.

Caratteristiche del vitigno

Foglia. Cuneiforme, pentalobata, con depressioni del lembo ben evidenti e bollosità media.
Seno peziolare a V aperto o, talora, con lobi leggermente sovrapposti. Seni laterali superiori a U o, a volte, a parentesi graffa; talora è presente un dente. Nervature tendenzialmente verdi, talvolta con sfumature rosate al punto peziolare. Sulle nervature peli dritti con densità media o forte (da 5 a, talora, anche 7); peli coricati tra le nervature con densità bassa. Denti a margini leggermente concavi.
Grappolo. Grosso (400-500 g), da medio a compatto, generalmente conico, talora con 1 o 2 ali. Acino sferico, tendenzialmente medio, con buccia di colore blu-nero piuttosto pruinosa.

Caratteri agronomici ed enologiciVitigno mediamente vigoroso, di buona e regolare produzione, che si adatta poco alla speronatura. Germoglia da fine marzo al 10 aprile, la fioritura si completa a fine maggio e invaia tra fine luglio e inizio agosto. La raccolta si realizza a fine settembre. Veniva impiegata come uva da vino e, probabilmente, era preferita a Fortana poiché nei terreni argillosi della Bassa Romagna riusciva a maturare meglio. Fornisce un vino semplice, poco colorato, poco alcolico e scarso di corpo.

La Balsamina Nera è un vitigno storicamente diffuso in diverse province italiane, tra cui Ancona, Pesaro, Forlì, Ravenna, Macerata, Ascoli Piceno e Teramo, noto con vari sinonimi come Balsamina, Marzamina, Bergamina, Balsamino e Balsemine. Nel 1876, uno studio ampelografico condotto a Forlì confrontò la Balsamina con il Marzemino del Friuli, rilevando alcune somiglianze ma non al punto da considerarle identiche. Per questo motivo, la varietà marchigiana mantenne il nome di Balsamina, mentre il vitigno veneto restò noto come Marzemino o Berzemino. Tradizionalmente apprezzata nelle Marche, la Balsamina veniva considerata una varietà pregiata per la produzione di vino, in particolare quando coltivata su terreni sciolti con prevalenza di calce e silice e su colline soleggiate. Tuttavia, in pianure umide e nella bassa Romagna, i grappoli risultavano più voluminosi ma con acini meno coloriti e meno zuccherini. Oggi la sua coltivazione è limitata per vari motivi, tra cui la sensibilità all’oidio, che indebolisce la buccia e la predispone a screpolarsi, la maturazione precoce che la rende meno adatta alla produzione di vini da pasto, e il suo aroma delicato più adatto a vini speciali che a vini comuni. In molte aree, la Balsamina è stata sostituita dalla Gallioppa o Gaglioppa, vitigni simili che hanno guadagnato popolarità nel Maceratese, nel Forlivese, nell’Ascolano, nel Teramano e in Umbria. La Balsamina predilige terreni sciolti, calcareo-silicei, argillosi o con ciottoli interposti, cresce meglio su colline esposte ai venti boreali e in vigne ben curate. I tralci sono resistenti con nodi piccoli e gemme poco ingrossate, le foglie quinquelobate di colore verde-giallastro con dentatura irregolare, e i grappoli di forma cilindrica o conica possono raggiungere i 18 cm di lunghezza, con acini neri violacei, pruinosi e polpa succosa. A causa della sua buccia poco resistente, gli acini sono facilmente attaccabili dagli insetti e dall’oidio, specialmente in ambienti umidi o siccitosi. Non è un vitigno particolarmente produttivo, ma mantiene costanza nella resa. Il vino ottenuto dalla Balsamina è rosso violaceo, leggero, con un aroma delicato che non lo rende adatto a vini dolci da pasticceria. Tuttavia, se miscelato con altri vitigni, può migliorare l’equilibrio dei mosti, un processo noto come correggere il mosto o condire il vino. Le analisi chimiche condotte tra il 1871 e il 1875 su 18 campioni di vino della provincia anconetana evidenziarono una densità media di 1,091 (variabile tra 1,067 e 1,120), un contenuto alcolico tra il 9,8% e il 13,2%, glucosio tra 0,23% e 6% e un’acidità totale media di 0,74%, con variazioni tra 0,37% e 1,29%. Le condizioni migliori per la produzione di vino di qualità furono riscontrate in colline ben esposte al sole e con terreni sciolti, mentre le zone con terreni marnosi o umidi portarono a risultati meno favorevoli. La Balsamina Nera è un vitigno storico dal grande valore culturale ed enologico. Sebbene oggi sia meno diffusa, la sua coltivazione ha lasciato un’impronta significativa nella tradizione vinicola italiana, in particolare nelle Marche e nelle regioni limitrofe1.

  1. Ampelografia Italiana ↩︎
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